Jean-Paul Sartre

Jean-Paul Sartre: Esistenzialismo e Umanismo

Jean-Paul Sartre (1905–1980) è una delle figure centrali del pensiero del Novecento. Filosofo,

scrittore, drammaturgo e attivista politico, ha incarnato come pochi l’intellettuale moderno impegnato. La sua filosofia dell’esistenza, radicata nella fenomenologia di Husserl e nell’ontologia di Heidegger, ha dato vita a un’espressione del tutto originale: l’esistenzialismo umanista, che pone l’uomo al centro della libertà, della responsabilità e della costruzione di senso.

1. Le radici fenomenologiche e l’influenza di Heidegger

Il pensiero di Sartre nasce nel contesto della fenomenologia. Dopo gli studi all’École Normale Supérieure e il confronto con la fenomenologia di Edmund Husserl, Sartre sviluppa l’idea che la coscienza non sia una cosa tra le cose, ma intenzionalità: essa è sempre coscienza di qualcosa, apertura al mondo.

In questo, egli si avvicina a Heidegger, da cui mutua l’idea che l’uomo non abbia un’essenza fissa, ma si definisca attraverso l’esistenza. Tuttavia, Sartre rifiuta il linguaggio oscuro e l’impostazione ontologica del filosofo tedesco, proponendo un’esistenzialismo chiaro, diretto, impegnato nella prassi storica e politica. È questo il cuore di L’essere e il nulla (L’Être et le Néant, 1943), la sua opera filosofica maggiore.

2. L’esistenzialismo: esistenza precede l’essenza

La celebre affermazione di Sartre – «l’esistenza precede l’essenza» – rovescia tutta la tradizione metafisica occidentale. L’uomo, per Sartre, non ha una natura data, né da Dio, né dalla biologia, né da una razionalità astratta. Nasce gettato nel mondo, condannato a essere libero, e solo successivamente costruisce, attraverso le sue scelte, ciò che è.

Questa libertà non è un dono, ma un fardello: è la responsabilità assoluta dell’uomo verso sé stesso e verso gli altri. Poiché nulla è determinato in anticipo, ogni scelta che facciamo è una dichiarazione su cosa riteniamo giusto, buono, valido per l’intera umanità. È questo il significato profondo dell’umanismo sartriano: ogni uomo è legislatore dell’uomo.

3. L’uomo come mancanza di essere

Sartre distingue due modalità fondamentali dell’essere:

  • L’essere-in-sé (l’en-soi): è la realtà delle cose, compatta, piena, priva di coscienza. È ciò che è, senza ulteriorità.
  • L’essere-per-sé (le pour-soi): è la coscienza umana, apertura, mancanza, possibilità. Il per-sé non coincide mai con sé stesso, è un nulla al cuore dell’essere, una lacerazione.

Questa mancanza di essere è ciò che rende possibile la libertà. L’uomo è un progetto, un superamento continuo di ciò che è verso ciò che sceglie di essere. In ciò, la coscienza è costantemente in fuga da sé: non si dà mai come identità compiuta. È qui che nasce l’angoscia: la vertigine della libertà, la consapevolezza che nulla al di fuori di noi può giustificare ciò che siamo.

4. La mala fede e l’autenticità

Una parte fondamentale della riflessione sartriana è dedicata al concetto di mala fede (mauvaise foi), cioè la tendenza della coscienza a mentire a sé stessa, a fuggire dalla propria libertà per rifugiarsi in ruoli, etichette, convenzioni.

Un classico esempio è quello del cameriere che “si identifica troppo” con il suo mestiere: Sartre lo descrive come se stesse cercando di essere un cameriere come un sasso è un sasso. Ma l’uomo non è mai ciò che è: ridursi a un ruolo è una fuga dalla propria apertura. Vivere autenticamente significa invece assumere pienamente la propria libertà, senza autoinganni.

5. L’esistenzialismo è un umanismo

Nel 1945, Sartre pubblica una breve ma celebre opera: L’esistenzialismo è un umanismo, in risposta alle critiche che accusavano l’esistenzialismo di nichilismo e disperazione.

Sartre ribadisce che, al contrario, la sua filosofia è un umanismo radicale: l’uomo non è altro che ciò che fa di sé, e proprio perché non ha un destino prestabilito, è investito di una dignità e una responsabilità enormi. La libertà umana è il fondamento dell’etica: non esiste un bene in sé, ma è attraverso le nostre azioni che il bene prende forma.

Questa visione restituisce all’uomo il potere di trasformare sé stesso e il mondo. Non esistono scuse: “In guerra, si è responsabili della guerra.” Sartre rifiuta ogni determinismo psicologico, biologico o sociale che assolve l’uomo dalle sue responsabilità.

6. L’impegno e la prassi storica

A differenza di Heidegger, Sartre pone al centro del pensiero la storia, la prassi e l’impegno politico. Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, si avvicina al marxismo e tenta un difficile dialogo tra esistenzialismo e materialismo storico, culminato nell’imponente Critica della ragione dialettica (1960).

Sartre intende superare sia l’individualismo borghese dell’esistenzialismo iniziale, sia il dogmatismo sovietico del marxismo ufficiale, elaborando una filosofia che tenga insieme libertà individuale e determinazioni storiche. L’uomo è libero, ma questa libertà si gioca sempre in condizioni concrete, materiali, storiche.

La nozione di progetto resta centrale: ogni soggetto è progetto nel mondo, ma questo progetto si scontra con le forze dell’oppressione, della reificazione, dell’alienazione. Da qui l’importanza dell’azione politica, dell’impegno sociale, della scrittura come responsabilità.


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